Chiesa di S. Maria delle Vigne

Chiesa di S. Maria delle Vigne

La sua presenza, a detta dello storico Domenico Cambiaso, sembra risalire addirittura al 560.
Tuttavia, la storiografia ufficiale sembra concorde nel attestare la costruzione dell’edificio nel 980, ad opera di Oberto Visconti e Guido Carmandino. Della basilica romanica, però non restano che il campanile e le sue colonne medievali. Inserimenti Quattrocenteschi si ritrovano nelle statue di Gaspare della Torre eseguite per il portale destro il quale, presenta anche una preziosa lunetta eseguita da Domenico Piola (Madonna con il Bambino e S. Giovannino).
Nel Seicento la decorazione interna fu affidata in parte a Lazzaro Tavarone, il quale dipinse la Gloria di Maria.
Tuttavia la facciata, risulta essere un rifacimento in marmo ottocentesco eseguito da Italo da Cremona in puro stile Neoclassico.
Molte sono le opere custodite all’interno tra le quale vale la pena citare la Madonna trecentesca attribuita al senese Taddeo Bartolo e l’Immacolata di Domenico Piola situata nel catino absidale.

Le Guide

Carlo Giuseppe Ratti, 1780

Ratti nella sua guida scrive: «Chiesa Colleggiata di S. Maria delle Vigne, fabbricata fin da i primi tempi, che venne in Genova la Cattolica Fede. Fu rifatta nella grandezza, che si vede da Guido Carmandino, e Oberto Visconte nel 980., e riadornata nel 1680. Ella è vasta, prendendo 246. palmi in lunghezza, e 100. in larghezza, disposta in tre maestose navi rette da dieci ben alte colonne di marmo bianco d'ordine composito, con sei nobili cappelle per parte tutte di marmo fregiate, e due maestosi Organi nelle parti laterali all'elevata cupola. In queste cappelle son preziose tavole. Quella di S. Lorenzo è di Domenico Parodi; l'altra della Nunziata di Giovannandrea Carlone; quella in marmo, in cui sono i SS. Rocco, e Gianbattista, è di Daniello Solaro Genovese, alievo del Puget, e morto sul nascere del corrente secolo; l'altra appresso, con S. Michele, di Gregorio Ferrari, e quella, che segue della Pietà, il cui Tabernacolo è nobile per Angioli [...] è di mano di Domenico Piola. Osserverete ora la nobile, e divota cappella di Nostra Signora detta delle Vigne, perchè ivi fu trovata nel 1693. una divota immagine, che tuttavia vi si adora della B. Vergine, che porge un grappolo d'uva al Santo Bambino. E' questa cappella nobilmente incrostata di marmo da i valenti Architetti Batista, e Giovanni Orsolini, con putti similmente di marmo assai leggiadri, dei quali fu autore Tomaso Orsolino, siccome anche della Statua della Beata Vergine; ma le tre Virtù Teologali, che le stanno al di sopra furono maestrevolmente condotte in marmo da Filippo Parodi. Sono anche in essa otto tele con istorie dell'antico, e nuovo Testamento del Paggi; due putti in bronzo dorato di Francesco Fanelli Fiorentino, e nella volta affreschi di Domenico Piola dimostranti l'immacolata Concezion della Vergine, e Profeti, e Sibille. Se vorrete vedere cosa nobile, bisognerà, che vi volgiate al Coro tutto dipinto dal Tavarone con Misteri della Vergine, arricchito d'un nobile altare abbellito d'Angioli, che reggono entro bella custodia una statuina della B. Vergine, il tutto lavoro, ed opera ultima, che uscì dallo scarpello d' Jacopoantonio Ponsonelli, che giunto a somma decrepitezza morì nel 1735. In testa dell'altra nave potrete or osservare la cappella del SS. Crocefisso ornata con ottimo gusto, e che ricchezza si per marmi, che per pitture, e statue: di queste ve ne hanno tre d'Anton Maragliano, che per lavorare in legno ha avuto pochi pari a' tempi nostri, e sono quella del Crocifisso, della su SS. Madre, e di S. Giovanni. Gli affreschi con misteri della Passione, ch'erano del Tavarone, son stati ridipinti da un Lombardo nomato Gagino, e le due tavole ad olio, una colla nascita del Salvatore, l'altra con la sua ascesa al Calvario sono del Prete di Savona. La cappella poi della Trinità ha una tavola di Giovanbatista Brea, che pur se l'altra di S. Nicolò: ma nella cappella in mezzo a queste ve ne ha una con la Vergine, e S. Giovanni Evangelista di Domenico Piola. Quella di S. Eligio, ed altre Sante è di Bernardo Castello, e l'ultima della Vergine con molti Santi è di Giovanbatista Casone discepolo, e cognato del Sarzana. Il Battisterio è magnifico, ornato di belle figure di marmo esprimenti il battesimo di Cristo, di mano di Antondomenico Parodi, e su della porta della Chiesa, che tende alla strada del Campetto, v'ha al di fuori una Vergine col Putto a fresco dipinta dal tanto mentovato Domenico Piola»

Anonimo, Descrizione della città di Genova da un anonimo del 1818

L’esistenza di questa chiesa è segnalata già nel 981, ma gli elementi medioevali attualmente visibili (chiostro, campanili e muri perimetrali) appartengono ad una ristrutturazione di metà del secolo XI. Nel corso dei secoli, gli spazi interni vennero spesso modificati e riadattati. L’Anonimo descrive con grande impeto questo edificio che, nei secoli passati, ha ricoperto un ruolo di primaria importanza tra gli edifici di culto genovesi. «E’ questo il primo santuario della Beata Vergine Maria; a cui è sacro sotto il titolo della SS. Assunta; comunemente però porta questa chiesa il titolo di N. S. delle Vigne, da una di lei apparizione avvenuta nel secolo sesto dell’Era Volgare in un vigneto.
La chiesa, rifatta nel 980. fu riadornata nel 1680. Ella è a tre navi: venti belle colonne composite di marmo finissimo in quattro gruppi per parte distribuite, con altre due a piloni che reggono la cupola e due altre al fondo adornano la di lei navata principale […].
Cinque altari laterali vedonsi ad ognuna delle navate inferiori, adorni ciascun di essi da due colonne di marmo, alcune tòrte, altre scannellate, con qualche poco rivestimento di più ai lati in marmi di vari colori, e a disegno elegante. Ne’ bracci della croce sono due orchestre con fasciature di marmo bianco, e graziosi rilievi in scoltura, al di sotto sino al pavimento. In testa poi a ognuna delle due navate è una cappella sfondata e nel mezzo ammirasi la Tribuna. Questa ha una bella apertura con due contro piloni, i quali egualmente che i due piloni della cupola opposti son da sommo ad imo fasciati di marmo bianco con scannellature» .
L’Anonimo descrive, quindi, i cinque altari nei quali sono presenti quadri di Domenico Parodi, Gio’ Andrea Carlone, Gregorio de Ferrari e Domenico Piola; l’autore passa quindi a parlare in modo entusiasta della Cappella di Nostra Signora delle Vigne, definendola: “vaga e ricca”. L’arco di quest’ultima «è formato da due pilastri di un bel marmo color di porfido con scannellature, di cui altri vedonsi nell’interno, che è pur tutto di marmi bianchi, e d’altri a differenti colori incrostato dai valenti Architetti Batta e Gio’. Orsolini. Vi si ammirano tra gli altri 12 colonne di un bel marmo rosso con vene di latte, quasi diaspro sanguigno, quattro delle quali al fondo della cappella circondano la nicchia, entro cui è posata la bella statua in marmo bianco di Maria SS. delle Vigne col Divin Pargoletto in braccio. Questo bel gruppo, che presenta la figura intiera della V. in piedi, è ripieno della maggior grazia e maestria. Sopra tutto il capo augusto della Madre nel nobile contegno fa ancor viepiù spiccare le grazie, che ammiransi nell’espression di dolcezza, e di amabilità a partire dal beato viso. E’ questo poi con tal finezza d’arte condotto, che tutti i tratti si ravvisano sotto l’occhio dello spettatore divotamente intenerito. Altrettanto dicasi della grazia, con cui il Divin Bambino presenta una palla d’oro, che ha in mano qual premio all’amore de’ suoi diletti. L’autore di così bell’opera fu Tommaso Orsolino.
Le altre otto colonne di marmo rosso vedonsi a due disposte intorno a quattro quadri, con entro soggetti presi dall’antico testamento, che adornano le pareti della cappella. Altri quattro quadri più piccoli sono più in alto e sopra i primi disposti: in uno di questi è la Decollazione di S. Gio’. Batta. Queste otto tele son del Paggi. Dietro ad esse si sono ultimamente formati otto Reliquiarj in cui conservasi quanto di prezioso sotto questo rapporto possiede questa Insigne Colleggiata.
Alla corona dell’altare sono altre statue bellissime pure di marmo bianco rappresentanti la Fede, avente a destra quella della Speranza, e della Carità a sinistra; tutte maestrevolmente condotte da Filippo Parodi [...].
Al di fuori sopra l’arco della cappella due figure d’angioli in marmo annunziano l’epigrafe scritta che sostengono col motto = Ecce Mater =.[…] Finalmente il cornicione coi capitelli delle colonne, che son pure di bronzo indorato, coi capitelli de’ pilastri è tutto sfarzosamente indorato. La volta è pur tutta indorata intorno alle due Medaglie pinte a fresco da Domenico Piola colla SS. Concezione innanzi Dio Padre sostenuto da un bel Angelo, e con altre figure nella mezzaluna; e colla gloria dello Spirito Santo al mezzo. Il pavimento corrisponde a tanta magnificenza, perché da bei compartimenti di marmi a varj colori egregiamente condecorato.
Il Tesoro di questa Insigne Cappella era ricchissimo, in argenterie, ori e gemme; ma tutto fu dissipato nei tre spogli, che soffriron le chiese di Genova […] tuttavia conserva trentadue candelieri d’argento, che servon a guarnire l’altare il giorno della Presentazione di N. S. che vuolsi esser quello in cui la gran Vergine Divina Madre degnasse di presentarsi coll’apparire sul genovese suolo; una bella corona d’oro, e di ricche pietre preziose guernita pur essa, e per il Divin Bambino; un pallio d’altare in lama d’argento[…] ed altri lampadari, e reliquiarj; oltre a belli monili di brillanti, e pendenti al collo di entrambe le statue, con orecchini di diamanti etc.
Ricca oltre modo, fulgentissima e del più vago e nitido effetto, è l’indoratura, che ammirasi nella Tribuna, e nessun’altra chiesa in Genova l’eguaglia.[...] cornici superbamente indorate ammiransi alle grandi medaglie a fresco dipinte nella volta di questa elegante Tribuna dal Tavarone.
Il presbiterio cinto da una bella balaustrata in marmi bianchi con triplice ordine di gradini innanzi ha le pareti laterali incrostate da bei compartimenti di broccatello, mischio, marmi verde e giallo, de’ quali è pur a disegno elegante il pavimento finito. Alzasi nel mezzo un bel altare con due figure d’angeli in marmo bianco […] Nel fronte della mensa ha un’aquila ed un lione, ed all’opposto son gli altri due simboli del bove e dell’angelo. Un bel gruppo poi d’angioletti regge una custodia di un bellissimo marmo e di finitezza tale, che non ha il simile; è adorno da otto colonnette di esso, con entrovi una statuina in legno di N. Signora col Bambino con veste in lamina d’argento dorato, […] dal Ponzonelli lavorata.
Nella ricorrenza del Centenario dell’Incoronazione della statua si è dipinta la Cupola con una gloria dello Spirito Santo, ed i 4. Evangelisti ai peducci. Meno l’ornato del tamburo, il resto è stato fatto a precipizio ed è di cattiva invenzione, pessimo disegno, e colorito.
Dietro l’'Altar Maggiore è un bel Coro a due ordini di banchi, ed un assai buon Organo per le Uffiziature.
La Cappella in testa alla navata […] ha il SS. Crocifisso, scultura bellissima in legno, la quale assieme alle due statue pure in legno in due nicchie laterali, di N. S. Addolorata e di S. Giovanni sono opere esimie e delle migliori, che abbia fatte il celebre Maragliano. […]
Questa Cappella è tutta incrostata da bei marmi bianchi e neri; di questo vedonsi due colonne all’altare. […]
Qui nell’angolo e l’ingresso alla Sacrestia, in due sale compresa, una per i Preti, e per i Canonici la seconda; quindi una porta per cui si esce sotto l’orchestra» .
Segue la descrizione degli altari laterali della Navata del Vangelo dove fra la porta di questa e quella della maggiore «è il bel battistero, l’unico monumento in tal genere, che ammirasi nelle chiese in Genova» .
Essendo la Chiesa una delle più frequentate di Genova, nelle ultime righe della sua descrizione, l’Anonimo immagina un progetto di espropriazione nei pressi del luogo di culto per rendere l’accesso più agevole.
«Questa chiesa, oltre ad essere una delle più popolate Parrocchie della città, è una Collegiata col titolo di Prepositura, e dopo la Metropolitana ha il secondo luogo in tutte le Pubbliche Funzioni.
Grande è il concorso e la divozione a questo Santuario che anche a giorni feriali vedesi da folla di popolo ingombrato, continuo poi il passaggio delle persone non solo, ma delle condotte di muli, che dalle estreme parti della città trasportano le cose necessarie al comune, attraverso il vico, che dalla strada di Campetto alla piazza nanti la chiesa conduce. Essendo questo all’ingresso reso angustissimo da una casa che per lo spazio di non più 20. palmi in lunghezza e forse solo 10. sopravanza alla strada all’angolo della piazzetta delle Oche, la demolizione di questa casa per lo spazio anzidetto renderebbe più facile l’accesso al Santuario, regolare la strada che gira intorno alla chiesa, quale è assai larga. Allora potrebbesi dandole la veduta della bella strada di Campetto abbellire la porta laterale di S. Michele con un ornato a quattro colonne […].La facciata principale della chiesa, non può ricevere nello stile di sua composizione ornamento di sorte alcuna. Da tutte le parti per uscir dalla piazza si trovan vicoli, che conducono alle strade degli Orefici, e di S. Luca. Dalla parte del Campanile, sarebbe pur facile colla demolizione di alcune casucce di uno, o due piani aprir la continuazione della strada a Soziglia, e allora si avrebbono due larghe strade per cui potesse entrar, la carrozza del Monarca col suo seguito, in occasione di visitare il Santuario senza dover opprimere le persone»

Federico Alizeri, 1846

Nel Manuale del 1846 Alizeri fornisce inizialmente una breve descrizione storica: «In antichissimi tempi esisteva in questo sito medesimo una picciola chiesa che nel 980 venne ricostrutta da’ fondamenti.» Aggiunge inoltre le date delle molteplici ristrutturazioni subite dall’edificio nel corso dei secoli e descrive brevemente gli interventi più recenti: «[...] ristorata progressivamente in due epoche cioè nel 1586 e nel 1680: recentemente fu abbellita sull'esterno prospetto e fasciata tutta di marmi con disegno d' Ippolito Cremona.»
Per quanto riguarda l’interno fornisce coincise descrizioni degli altari; in poche righe spiega poi l’origine del nome del luogo di culto: «[...] Questo titolo derivò da una piccola tavola che si vede sopra il frontispizio dell’altare ritrovata nel luogo stesso l’anno 1603, rappresentante la Madonna che porge al suo pargoletto un grappolo d’uva». Inoltre, sottolinea che il presbiterio e il coro sono affrescati da Lazzaro Tavarone, e la tavola dell’Annunziata nel coro ed un’altra rappresentante la Trinità, sono di Carlo Giuseppe Ratti. Aggiunge inoltre: «[...]Sono riguardevoli due piccoli quadri con un Ecce Homo e l’Addolorata, il primo sui gradini dell’altare di San Giovanni, l’altro su quelli del San Michele, lavori che si attribuiscono a Guido Reni»

Giovanni Battista Spotorno

Spotorno, nella sua Descrizione di Genova e del Genovesato inizialmente ricorda le origini della Chiesa, dando differenti ragioni sull'origine del nome: «Da parecchi storici si può ricavare antichissima ed anteriore al VI Secolo l'esistenza d'una cappella dedicata a N.D delle Vigne nel luogo istesso ove è l'attual chiesa, che stava allora fuori dalla cinta civica, e che tutto piantato a viti diede motivo al nome. Sul chiudersi del X secolo da due pii signori Oberto Visconte e Idone di Camardino fu però costrutto il tempio nelle vaste dimensioni che ancora conserva[...]. Antichissimo pure è lo stabilimento di una collegiata in questa chiesa, e se ne hanno memorie dal 1061, come d'istituzione già esistente. In ordine alla regolare ed assidua ufficiatura può dirsi dopo il duomo la seconda chiesa della città.
Divisa in tre navi sorrette da un binato di colonne marmoree, è molto adornata da numerosi altari[...]». La descrizione continua con un dettagliato elenco delle opere d'arte presenti.
Vale la pena riportare la descrizione della facciata: «Recentissimo lavoro è l’attuale facciata marmorea architettata da Ippolito Cremona, ultimamente mancato prima che fosse finita, e che sendo astretto a valersi di colonne già esistenti non poté ordinare tutto il suo disegno con quelle buone regole che avrebbe saputo. A questo moderno lavoro fan ben contrasto l’antico campanile, ed il chiostro attiguo che ricordano ancora il primo stato di tutto questo vetusto edifizio.»

Jacob Burckhardt 

Burckhardt cita la chiesa nel capitoletto dedicato all'architettura "romanica-Basiliche di Genova", dicendo che: «I chiostri non potevano svilupparsi bene fra le strette vie di Genova; quello a sinistra di S.Maria delle Vigna è molto antico (XI sec.?), ma molto rudimentale, con i capitelli a dado su colonne tozze e con archi larghi.» Prosegue poi, descrivendone l'interno, nel capitoletto dedicato all'"architettura barocca-cupole, basiliche, croce greca": «[...] nella Madonna delle Vigne a Genova (1586) le colonne sono appaiate, e così l'architetto tranquillizza la sua coscienza grazie al pezzo dell'architrave sopra le due colonne e all'ampiezza maggiore degli intervalli; ed è questo un motivo adoperato o almeno richiesto per tutti i cortili a colonne di quest'epoca.»
L'autore cita, parlando della scultura gotica, le tre figure sopra la porta di destra della chiesa come l'unico monumento ove compare questo stile a Genova. L'ultimo capitoletto in cui l'autore cita la chiesa è quello dedicato a Maragliano dicendo che anche nella chiesa si trovano delle opere di questo artista, precisamente: «[...] nella cappella a sinistra, a fianco del coro, un crocifisso e le statue della Madonna e di San Giovanni, ottime (nel loro stile).»

Federico Alizeri, 1846

L’appassionato incipit di Alizeri, invita il lettore a lavorare di immaginazione e a fare un balzo indietro nel tempo: «Sgombrate col pensiero quest’area dagli edifizj, non certo ignobili, che v’adunaron i secoli e avrete in figura l’estremo lembo di quel ripiano che tra le balze di Luccoli e di Scutaria […] offriva all’occhio de’ nostri antichi un andar di vigneti irrigati dalle acque che fan nome a Soziglia.
Fra questi colti un Oberto Visconte e un Guido di Carmandino, stipati entrambi alla nobil progenie degli Spinoli, sacrarono un tempio a Maria che s’intitolò dalle condizioni del luogo: dicono altri, come lo Stella, nel 892, ed altri, come il Giustiniani, un sessennio più tardi». Gli Ordini religiosi che, nel corso dei secoli, la governano, sono diversi, tutti citati da Alizeri. Così continua la descrizione: «Della veneranda antichità ch’io le assegno, non resta veruna impronta nell’attual chiesa, ma visitata per ogn’intorno al di fuori, ci manifesta le origini per tante reliquie, quante per fermo non ne conserva altro tempio, che rinunziato il vetusto aspetto si ammodernasse con opere nuove.
E reliquia sovra tutte spettabile, e per sue forme meravigliosa, è il campanile; arditissima torre costrutta in pietre di quadro sul gotico stile del secolo XIII, la quale pontando i due fianchi sul destro muro della chiesa e sull’altro del chiostro, abbandona il gran corpo sovra un piccol arco di sesto acuto per lasciar passo a Soziglia e alla Maddalena.» .
Alizeri racconta che, nel 1787, un fulmine colpì il campanile causandone la distruzione e portando alla morte alcuni passanti; con il restauro si colse l’occasione per «misurare la svelta mole; e trovarono ch’ella si leva per 141 palmi fino all’imposta della guglia maggiore, e gira in quadro per 104, e che la guglia medesima si va sottigliando per altri 60, partendo da un quadrilatero di 56. Stupendo edificio […] che sembra vantare l’audacia degli antichi costruttori sopra il timido ingegno di molti moderni» .
Utilizzando i documenti dell’epoca, Alizeri rileva la presenza, sul sito della chiesa, di un cimitero; dopo questo breve appunto, la descrizione continua con le opere contenute all’interno dell’edificio; alcune delle quali andate perse con la “chiesa distrutta”, ma comunque citate grazie ai diversi documenti che, Alizeri, utilizza continuamente: «Parecchie cappelle sfoggiavano in opera d’archi e di statue e di tabernacoli, scolpiti dal Riccomanno, da Gio. da Bissone e da Gio Donato da Moroggia.
[…] Né certamente le vennero meno i pittori, […] quivi operarono e sopra tavole e sopra pareti Nicolò da Voltri e Giovanni di Barbagelata.
[…] l’antico prospetto […] durò […] finchè coi disegni d’Ippolito Cremona, e con certe colonne già della distrutta chiesa di S. Paolo in Campetto, fu messa in piedi l’attual facciata. […] Il corpo della chiesa, quale oggi si vede, conosce i principj dal 1588 e dalla pia liberalità d’Agapito Grillo e de’ suoi consanguinei: i quali in detto anno s’accordarono con Gaspare della Corte architetto egregio per la struttura d’un nuovo Coro, che si stendesse sull’area del cimitero.
[…] Non è parte di essa che sia nuda a dipinti; ma ciascuna ha sembianze di vario stile.
[…] Paganelli […] intorno al 1815 […] seminò la Cupola di putti e d’angeli alla rinfusa. Fece pure l’un de’ peducci, che vuol segregarsi dai tre compagni ne’ quali Santo Tagliafichi imaginò gli altri tre Evangelisti.
[…] Istoriò la chiesa […] Giuseppe Passano dopo il 1842 fra gli ornamenti e le quadrature di Francesco Ballino» il lavoro di entrambi viene giudicato mediocre da Alizeri tanto che, l’autore si scusa per non citare le cappelle che li vedono coinvolti, preferendo descriverne altre di “altra età e altri autori” che delinea con accuratezza e con ordine: nella «prima a dritta dei de Fornari» è visibile una «tela all’altare, da noverarsi fra le ordinarie di Domenico Parodi, […]. Per la seconda effigiò Gio. Andrea Carlone il mistero della Annunziata […]. terza cappella […] Giuseppe Palmieri allude nella vòlta ai suffragi delle Purganti, e ci mostra profeti ne’ quattro pennacchi.
[…] Gerolamo Brusco savonese […] nel 1783 [...] figurò l’invenzione della Croce sul vòlto della seguente cappella» .
L’ultima cappella presenta nella nicchia una «[…] statua della Vergine col Putto […] mediocre lavoro di Tommaso Orsolino, ma insigne nella mente di tutti per la frequenza de’ fedeli» .
Santa Maria delle Vigne ha una decorazione molto ricca, dovuta alle continue donazioni di nobili famiglie «[…] Domenico Piola dipinse nell’abside l’Immacolato Concepimento. […] Passiamo al presbiterio e al coro. La vòlta si gloria di un nome illustre, del Tavarone, che intorno al 1612 vi colorì la gloria nel mezzo, e sui lati parecchi misteri di Maria» 
Nel corso dei secoli molti furono i rinnovamenti e i lavori di restauro: l’altare, ad esempio, è opera del Ponzanelli da Massa, scolaro e genero di Filippo Parodi; l’incarico gli fu affidato da Marcantonio Grillo nel 1730. Nel 1783, invece, si riformarono la tribuna ed il coro con nuove decorazioni. Numerosissime le tele che adornano le pareti «[…] il grandioso quadro dell’angelico Annunzio che copre in gran parte la fronte del coro, vuol computarsi fra i più studiati di Carlo Giuseppe Ratti» .
Ritornando alle cappelle, quella del Crocifisso' vede impegnati: «[…] Battista Orsolino e Taddeo Carlone […] la volticella al Tavarone. […] Ci richiama anche il Piola alla cappella che segue.
[…] Chi vuol conoscere in Bernardo Castello lo scolar del Cambiaso guardi alla tavola dei Diecimila Crocifissi al penultimo altare; giovanile fattura, ma che prelude indubbiamente al suo gusto. […] L’ultima cappella fu già dei Casoni; e di Giambattista Casoni, sarzanese, cognato e discepolo del Fiasella, è la tela di N.D. con varj Santi»


Bibliografia Guide

  • Alizeri Federico, (Attribuito a) Manuale del forestiere per la città di Genova, Genova, 1846 pag. 126-129
  • Alizeri Federico, Guida illustrativa del cittadino e del forastiero per la città di Genova e sue adiacenze, Bologna, Forni Editore, 1972 pag. 112-118
  • Burckhardt Jacob, Il Cicerone. Guida al godimento delle opere d’arte in Italia, Sansoni, Firenze 1952, pag. 130, 410, 636, 784
  • Poleggi Ennio e Poleggi Fiorella (Presentazione, ricerca iconografica e note a cura di), Descrizione della città di Genova da un anonimo del 1818, Genova, Sagep, 1969 pag. 175-179
  • Ratti Carlo Giuseppe, Istruzione di quanto può vedersi di più bello in Genova in pittura scultura et architettura autore Carlo Giuseppe Ratti pittor genovese, Genova, Ivone Gravier, 1780, pag. 242-244
  • Spotorno Giovanni Battista, Descrizione di Genova e del Genovesato, Vol. III, Genova, Ferrando, 1846, pag. 109-111
Ultimo aggiornamento 26 Ottobre 2022